Se davvero quello della leader di Fratelli d’Italia è il governo più a destra della storia della Repubblica, coerenza vorrebbe che l’opposizione si mostrasse pronta, unita, reattiva, popolare e credibile. Ma nessuno di questi aggettivi si adattano all’opposizione di oggi. Anzi, bisogna dire più precisamente le opposizioni.
Tra PD, Carlo Calenda e Movimento 5 stelle non si vede infatti, almeno per ora, un serio denominatore comune.
Tra i tre soggetti dell’opposizione non c’è concordia né politica né personale. Anche per questo, le opposizioni non sono reattive né pronte, tra l’altro non hanno nemmeno uno straccio non diciamo di programma comune ma nemmeno un minimo di convergenza sui problemi più seri.
E pensare che segnali preoccupanti ce ne sono già stati. Basti pensare che nella nostra città, Sesto San Giovanni medaglia d’oro della Resistenza, prima la giunta comunale per un cavillo si è rifiutata di dare la cittadinanza onoraria a Liliana Segre e poi alle elezioni politiche abbiamo assistito alla clamorosa vittoria di una parlamentare che vanta un curriculum marcatamente neofascista. Insomma, questa destra va presa sul serio e la sinistra, se vuole recuperare deve cambiare marcia. Studiare, elaborare, aprirsi. Calenda, piaccia o non piaccia, lo fa. Il populismo di Conte non è in grado di impensierire un governo come questo perché non ha proposte serie. Il Pd è fuorigioco per almeno cinque-sei mesi, finché non troverà un segretario, una linea, un gruppo dirigente e una nuova mentalità.
Il Terzo Polo ha annunciato che contrasterà il governo Meloni nel merito: può essere una sfida interessante. Ma certo è un po’ poco. Ora che tutti i mezzi di informazione sono concentrati su Giorgia Meloni le opposizioni ne approfittino per darsi una regolata.
Non sarà facile. Ma è bene tener presente che una democrazia per funzionare ha bisogno di una opposizione seria e costruttiva, senza opposizione si fa presto a diventare regime.
Ciemme