In occasione dei 130 anni dalla nascita di Fortunato Depero, la Galleria Campari riapre i suoi battenti con un’esperienziale mostra monografica dedicata al famosissimo artista, originario della zona di Rovereto, e al suo “fortunato” sodalizio professionale con la rinomata ditta di liquori. Che ha permesso la “creazione” di più di 120 grafiche pubblicitarie, oltre variegati e svariati oggetti di merchandising, in grado di trasformare il brand “Campari” in un marchio unico e inconfondibile. E dico proprio “creare” perché per Depero la pubblicità è “arte nuova nel mondo moderno”, capace di rendere l’artista “poliedrico”, pittore, scultore, scenografo, grafico, artigiano, e via dicendo, in uno “fusione totale” tra le varie possibilità espressive miranti a rappresentare un’efficace, pragmatica, funzionale rilettura del mondo stesso.
L’incontro con il Commendator Campari risale alla metà degli anni ‘20 del Novecento: alla Biennale di Venezia del 1926 Depero dedicò al medesimo il dipinto “Squisito al selz”, ivi esibito, segnando l’inizio del rapporto collaborativo. Il percorso espositivo, che ospita produzioni conservate nell’Archivio Campari, importanti prestiti e documenti inediti, segue un andamento circolare, esattamente come quella circolarità tondeggiante, elicoidale e a spirale che ritroviamo nei “composit” deperiani, in contrapposizione a linearità precise e forme geometriche definite, su cui domina il parallelepipedo, anche nella sua versione “sezionata” e “smontata”.
Iniziando al piano superiore, ovvero nel cuore della Galleria, gioioso, “coloratissimo e luminoso” come dovrebbe essere l’universo intero nella visione futurista di Depero. Ad accoglierci la grafica “Se la pioggia fosse di Bitter Campari”, in prestito dalla sede museale del Mart di Rovereto, ricavata dal restauro della “Casa d’Arte Futurista”, fondata dall’artista nel 1919 e che ne conserva alcune delle opere maggiori. Appropriatamente accompagnati dal suono frusciante di acqua, che richiama alla mente l’attenzione di Depero per l’ “onomatopeica”e il “rumorismo”, giungiamo al scenografico allestimento che consta di gigantografie parietali, riproducenti le stampe appese al centro di singoli box contornati da specchi, in una sorta di dinamica moltiplicazione “infinitudinale” delle immagini con una spinta diagonale, inclinazione prediletta dal Depero per movimentare ogni realizzazione con un senso di cinesi proiettante e riflettente. Di fronte, con disposizione più ordinatamente rettilinea, ancora stampe abbinate agli stupefacenti geniali slogan dell’amico Giovanni Gerbino, e dalla cui fusione, connubio vincente, nasce la cartellonistica finale. Ad attenderci sul fondo, prima di imboccare le scale per scendere, la celeberrima bottiglietta di Campari Soda, disegnata dall’artista nel 1932: la tipica forma triangolare non solo rammenta un bicchiere rovesciato, ma, nell’ottica “utilitaristica” del Depero, era anche funzionale all’imballaggio di un abbondante numero della suddetta nelle cassette di legno adibite al trasporto.
Al piano si sotto, nascosta da un tendone nero, la riproduzione in legno, in scala 1: 3, del “bozzetto di padiglione” del 1933, che non venne, però, mai realizzato; circondato da altre grafiche e da tre visori, su cui le stesse vengono costantemente proiettate, scomponendole e ricomponendole, dando loro una vitale animazione. All’esterno alcune lettere e interessanti scritti di Depero e la riproposizione, su pannelli, dei memorabili composit pubblicitari. Rigorosamente in bianco e nero, perché all’epoca le pubblicità erano spesso concepite per la pubblicazione su giornali, allora stampati in bicromia. E qui impattiamo con tutta la potenza comunicativa di opere “prepotentemente” volumetriche, solide e plastiche, dove multipli piani sembrano scorrere uno sull’altro e intersecarsi in vibrazioni e spostamenti percepiti dal nostro sguardo sollecitato.
Pieni e vuoti, in un incastro danzante di trasparenze, riempimenti e campiture bicolore (b/n). Tra linee precise, curvature, frastagliature, zizzagature, raggiere, in un procedere prospettico vertiginoso, pervadentemente irradiante verso l’osservatore. Con un punto di fuga dal fondo in avanti o che si scaglia dal basso verso l’alto, al pari dei tanto apprezzati grattacieli newyorkesi, incarnazione del futuro che in America era già in divenire. E con quei pupazzi stilizzati che sono l’emblema dello “stile Depero”, mutuati dalle marionette da lui plasmate per il suo “Teatro Plastico” e i suoi “Balli Plastici”. Ma non possiamo non notare anche tutta quella serie di simboli, decorazioni e artifici esplicitamente facenti riferimento alle civiltà egizia, ellenica, ebraica, un incontro con il passato nella sua rivisitazione e riappropriazione nel presente. “Rifacendo la Storia” per lanciarsi inesorabilmente proprio verso il futuro, forgiato da quel “Futurismo Immortale” che è “creazione – superamento – rivoluzione”… “Quadri – disegni – liriche – poesie – motti in libertà proiezioni parolibere – paesaggi tipografici – pubblicità plastica – profezie pubblicitarie – musica e arte decorativa che Canta, illustra e glorifica il CORDIAL BITTER CAMPARI”… “Cin Cin” a tutti!
Ombretta Di Pietro
La mostra “Depero Campari, il bianco e nero a colori”, inaugurata martedì 21 giugno, sarà visitabile gratuitamente presso la Galleria Campari di Sesto fino al 21 dicembre 2022, prenotandosi all’indirizzo mail galleria@campari.com