Conte dice di Grillo: «Beppe ha fatto la sua scelta, essere il padre padrone della sua creatura». Il fondatore del M5S si giustifica: «Non sono un padre padrone, ma un papà con il cuore in mano». Per la prima volta Grillo è costretto a difendersi e non ad attaccare come al solito.
L’Elevato, come si definiva fino a poco tempo fa il garante pentastellato, è caduto dall’Olimpo, è tornato tra gli umani. Per anni è stato un leader carismatico stile “Grande Fratello”, non quello di Canale5 ma quello del romanzo ‘1984’ di George Orwell.
Bastava una sua parola e tutti i grillini si allineavano. Bastava una sfuriata dai connotati populisti e ingiuriosi per affondare gli avversari esterni: porre alla berlina Bersani, ridicolizzare Berlusconi, mettere alle corde Napolitano, insultare Renzi. Bastava un suo discorso in piazza o un post sul suo potente blog su Internet per incoronare capo del Movimento Di Maio, lodare lo sconosciuto Conte (mai iscritto al M5S) definendolo come il migliore presidente del Consiglio della storia repubblicana. Oppure gli bastava poco per dare il via libera a governi totalmente diversi: con la Lega, con il Pd, con Draghi, facendo dimenticare il “mai alleanze”; uno dei dogmi abbattuti assieme a molti altri nei suoi continui dietrofront.
Comunque vada a finire una cosa è certa. L’Elevato non è più elevato, il padre padrone non è più tale, non è più intoccabile.
C’è una spiegazione. Nei cinque stelle le grandi disfatte elettorali degli ultimi tempi hanno messo in allarme eletti e militanti. La metà degli elettori sono rimasti delusi dal passaggio da una opposizione anti sistema a governi fatti con gli antichi nemici e hanno voltato le spalle al M5S. Un terzo dei parlamentari o hanno detto addio o sono stati espulsi. Ha sbattuto la porta perfino Davide Casaleggio, un tempo il numero due del Movimento.
Il comico genovese ora è intento a recuperare l’originaria impostazione populista ma il professore di diritto privato tira dritto verso un partito dal sicuro ancoraggio governativo. Ed è per questo che gran parte dei deputati e senatori grillini guarda con simpatia a Conte oggetto di grandi consensi nei sondaggi demoscopici. A complicare la partita c’è anche il problema del tetto dei due mandati da parlamentare che assilla molti senatori e deputati restii a lasciare la poltrona. Sul no al terzo mandato Grillo si mostra rigido e Conte si mostra più duttile.
Si vedrà se sarà possibile ricomporre l’unità andata in pezzi. Un accordo è nell’interesse di tutti. Ma è chiaro che lo scontro è solo ed esclusivamente di potere all’interno del movimento, di prospettiva politica non c’è assolutamente niente.
Ai dirigenti del Pd, da Zingaretti a Letta, che vagheggiano “alleanze organiche” con il M5S per costruire una sinistra alternativa alla destra, è bene ricordare un illustre precedente quando all’inizio degli anni ’90 Massimo D’Alema definì la Lega di Bossi “una costola della sinistra”. Errare è umano, perseverare è diabolico.
Ciemme