Gentile direttore,
Ho seguito in questi giorni il viaggio di papa Francesco in Colombia, un paese che tra droga, omicidi e guerra interna (tra Farc e governativi) “annegava nel proprio sangue” e che finalmente ora sembra stia vivendo un nuovo inizio, a cominciare dalla classe dirigente (il presidente è premio Nobel per la pace) per finire alle varie formazioni civili. Quella Colombia di Escobar, sì, dei cartelli mondiali della droga! Se un paese così ha ritrovato se stesso – mi son detto – è perché ha ritrovato la speranza, desidera un futuro, vuole costruire per i figli e i nipoti e gli altri … insomma ciò che “sembra” mancare a noi italiani e soprattutto europei.
Certi passaggi dei discorsi di papa Francesco andavano bene giusto anche per noi, che non abbiamo un conflitto armato in corso ma che pure abbiamo problemi gravi e ritardi endemici (l’estate degli incendi, della siccità, dissesto idrogeologico) con una classe politica “distratta”o, forse, girata da un’altra parte e una società civile delusa,convinta che nulla cambierà.
“Gli ambienti di disperazione e incredulità fanno ammalare l’anima, ambienti in cui non si trovano vie d’uscita ai problemi, anzi, dove si boicottano quelli che cercano di trovarle e danneggiano la speranza di cui ogni comunità ha bisogno per andare avanti. Che le vostre aspirazioni e i vostri progetti diano ossigeno alla Colombia… sognate, muovetevi, andate avanti. Non abbiate paura! Solo così troverete il coraggio di scoprire il Paese che si nasconde dietro le montagne: quello che va oltre i titoli dei giornali e non rientra nelle preoccupazioni quotidiane perché è tanto lontano. Quel Paese che non si vede e che fa parte di questo corpo sociale che ha bisogno di voi: voi giovani siete capaci di scoprire la Colombia profonda.” Così si è rivolto il pontefice ai 20 mila giovani raccolti in piazza Escobar a Bogotà.
Grazie per l’attenzione
Giuseppe Emmolo