“Caro Stefano, ti inviamo queste quattro righe di commento al Premio Campiello e le nostre felicitazioni. Fatica, sudore, sfruttamento, rischi per la salute e la vita ogni giorno, questo il prezzo pagato dagli operai in cambio di un salario miserabile.
Paura, panico, malattia, morte, rabbia, auto organizzazione senza delegare ad altri i propri diritti e interessi.
Lotta, gioia, rapporti umani solidali e una grande sete di giustizia per i nostri compagni vittime dell’amianto, sacrificati sull’altare del profitto da imprenditori senza scrupoli che hanno mandato coscientemente a morte centinaia di migliaia di operai.
Una società che mette il profitto prima degli esseri umani, che considera normale che più di mille lavoratori ogni anno muoiano per infortuni sul lavoro e che altre migliaia siano uccise dalle malattie professionali, continuando a inquinare gravemente l’ambiente e la natura è una società barbara senza futuro.
Una volta tanto una storia operaia vera, quella dei lavoratori della Breda Fucine di Sesto San Giovanni e del nostro comitato contro l’amianto, che tu hai raccontato così bene, viene premiata.
Il Premio Campiello assegnato al tuo romanzo La fabbrica del panico, è un riconoscimento anche per noi e per tutti coloro che continuano a lottare senza arrendersi per i propri diritti e per la giustizia sociale.
Ciao, un abbraccio da tutti noi”.
Per il Comitato per la Difesa della Salute nei
Luoghi di Lavoro e nel Territorio
Il presidente Michele Michelino (il Cesare del tuo romanzo)
Con queste parole, Michele Michelino, a nome del Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi di Lavoro e nel Territorio, si congratula con Stefano Valenti, fresco vincitore del Premio Campiello Opera Prima con il romanzo “La fabbrica del panico” (Feltrinelli).
Valenti è stato premiato sabato 13 settembre, nel corso della cerimonia di premiazione del Premio Campiello letteratura (trasmessa questa sera alle 23 su La7).
Questa la motivazione della premiazione: “il romanzo racconta una storia familiare, che diventa corale di fronte alla malattia e alla morte per amianto. A narrarla, muovendosi per lasse di ricordi, è il figlio quarantenne che sente la necessità e il dovere di stringere un rapporto più ravvicinato col padre, sceso a Milano dalla Valtellina per morire in fabbrica. Un rapporto che ricade sul figlio, il quale risulta sempre più gradualmente ferito dall’ansia di conoscere la verità, arrivando per questa via a ricostruire, non solo nel padre, ma anche nei suoi compagni, il dolore fisico e morale della fabbrica. Il tutto raccontato con uno stile asciutto e tagliente, ma di forte impatto emotivo, che procede lungo il filo di una dolorosa elegia”.
Stefano Valenti (1964), valtellinese, vive a Milano. Ultimati gli studi artistici, si è dedicato alla traduzione editoriale. La fabbrica del panico è il suo primo romanzo.